Fratelli,

il Gesù che ricordiamo nella sua nascita è il Santo ed è Figlio di Dio: il mistero avvolto nel silenzio per secoli, ora si è manifestato. Rimaniamo fermi nell’ascolto del Vangelo, Buona Notizia, che annuncia Gesù Cristo, perché giungiamo all’obbedienza della fede, per mezzo suo.

Rallegriamoci, come Maria, piena di grazia. Chiamati dal Signore, mentre viviamo il mondo presente, a collaborare per guidare gli uomini di buona volontà alla consapevolezza di essere Popolo di Dio, divenga, questa vocazione, casa. Non chiamati a costruire una casa al Signore, lui stesso l’ha preparata e costruita, dobbiamo imparare ed insegnare e ad abitare non come in un albergo, ma come casa di una grande famiglia.

Il Signore, dovunque andiamo, è per noi Padre e noi siamo Figli. Ci sfugge il senso vero e il futuro della volontà del Signore, l’opera umana, apparentemente senza futuro, diverrà stabile per sempre. Nulla è impossibile a Dio.

Come Maria, molto turbati per ciò che la Parola suggerisce nell’intimo, ce ne domandiamo il senso profondo e vero. La risposta la conosciamo: Non temere. Non temete, non temiamo. Abbiamo trovato grazia presso Dio: siamo chiamati a far rinascere il vero senso del Natale e portare alla luce il nome di Gesù.

Per far questo è da costruire l’essere Popolo che molti hanno illuso, ben pochi hanno formato, pochissimi hanno davvero protetto. Tutti contenti del popolo finché ha obbedito … e pagato! Quando si è iniziato a comprendere come funzionava il vapore, ognuno ha cercato di prendere la sua parte.

E questi … che non hanno ancora “preso” sono 12.000 … numerati da ogni tribù di Israele; oltre questi c’è ancora la folla immensa che non è stata numerata … quelli che non sono stati capaci di prendere la loro parte, quelli più piccoli.

Una soluzione positiva, remota, impervia, forse anche non voluta, a questi problemi: formare il Popolo come Popolo di Dio. Formare, anche, Preti nel Popolo di Dio, come Preti del e nel Popolo di Dio. Non: il prete né il popolo che serve a me …

Non si intravvede alcuna strada alternativa: formare e continuare, testardamente,[2] a lavorare per farlo; ascoltare, pazientemente, le persone sincere nel Popolo di Dio. Degli altri: non ti curar di lor, ma guarda e passa … ma non so come si fa. Ancora non ho imparato; oppure: meno male che ancora non ho imparato?

Come avverrà questo? Cosa, come fare? Cantiamo in eterno l’amore del Signore. È un amore che si edifica giorno per giorno, insensibilmente come l’erba del campo; si basa sulla parola del Signore: Ho stretto un’alleanza con il mio eletto. Come Maria, speriamo di divenire capaci di dire: Ecco la serva del Signore; avvenga per me secondo la tua parola.

Il Signore conserverà il suo Amore, la sua Alleanza ci sarà fedele per sempre.

Nota: Obbedienza della Fede: non significa “obbedire alla Fede”. E’ enunciazione di una obbedienza particolare: quella della fede è obbedienza caratterizzata non da azioni, ma da Amore. E’ dedizione, è dedicare, appassionarsi, riempirsi d’entusiasmo sofferto, lavorato, nello stesso tempo gioioso. L’Obbedienza cristiana, della Fede, non è tanto obbedienza quanto partecipazione attiva alla Festa del Regno. Il mondo non può capirlo. E’ come riempire il cuore del mio diletto[3] o della mia diletta perché,

ecco, l’inverno è passato, è cessata la pioggia, se n’è andata;
i fiori sono apparsi nei campi, il tempo del canto è tornato
e la voce della tortora ancora si fa sentire nella nostra campagna.

La locuzione “della Fede” esprime la qualità fondamentale della obbedienza: non è umana, è “della fede”. L’obbedienza umana è rispetto di una legge (per se stessa oppressiva), non è virtù. L’obbedienza della Fede è definita con la parola di Gesù: Quello che piace al Padre io faccio sempre[4]

E “Fede che è”?[5] Quale vicinanza tra Lettera agli Ebrei, attribuita a S. Paolo e Dante Alighieri che, quasi leggendo e traducendo dalla lettera agli Ebrei, Est fides sperandarum substantia rerum, argumentum non apparentium,[6] presenta l’Apostolo Pietro che interroga Dante:

«Di’, buon Cristiano, fatti manifesto: fede che è?».

Dante risponde:

“fede è sustanza di  cose sperate e argomento de le non parventi”;

  1. Pietro dice ancora a Dante:

«Questa cara gioia sopra la quale ogne virtù si fonda, onde ti venne?».

Dante risponde:

dalla larga ploia dello Spirito Santo, ch’è diffusa in sulle vecchie, e in sulle nuove cuoia:
dallo Spirito Santo che riceviamo per mezzo dell’Antico e del Nuovo Testamento.

La Fede è cara gioia di esserci o dovere? E’ la Legge o l’Amore? E’ l’obbligo o la scelta?

E’ solo parola o pensiero evanescente o è sostanza; e le cose sperate sono solo parvenza o vera sostanza?

E la vita del cristiano è un cammino di dolore e fatica o un cammino che si apre alla luce e alla speranza?

Il problema non è nella Fede: il problema è nella mentalità che ci siamo creati e dati quando abbiamo descritto il cammino verso il Regno come solo un futuro che passa ed è condizionato dalla morte; non un traguardo ogni giorno raggiunto, un giorno che ogni giorno rinasce, un sole che ogni giorno sorge, una meta che ogni giorno si realizza, un Uomo che ogni giorno cresce.

E lo abbiamo chiamato destino.

Abbiamo predicato sempre e solo un Cristo Crocifisso, mai un Cristo Risorto: il Vivente. I primi credenti, pieni di speranza, la realizzavano, la rendevano vera ogni giorno che il sole sorgeva. E il Medio Evo, oscurantista (così molti dicono), ci dà una persona come Dante che descrive la vita di fede come “cara gioia”.

Ecco il traguardo: rieducare, convertire, metanoiete, cambiate mentalità, cambiate linguaggio, più che cambiare le vostre azioni, perché se avete il coraggio e la gioia di leggere queste parole le vostre azioni sono già buone.

[1] 2017-12-24  Domenica IV di Avvento – Vigilia di Natale 2 Sam 7,1-5.8-12.14-16; Rm 16,25-27;Lc 1,26-38
[2] Anche se l’aggettivo non sembrerebbe appropriato
[3] Isaia 5,1. Cantico dei Cantici 2,11-12
[4] Giovanni 8,29: Colui che mi ha mandato è con me: non mi ha lasciato solo, perché faccio sempre le cose che gli sono gradite».
[5] Dante Alighieri, La Divina Commedia, Paradiso XXIV, 64
[6] Ebrei 11,1