Ogni traduzione, perfetta che sia, è infelice perché sempre è interpretazione. Gesù parlava aramaico: anche parlassimo aramaico, oggi, il nostro parlare non corrisponderebbe alla lingua parlata da Gesù, come l’italiano parlato da Dante Alighieri, oggi, è poco comprensibile ed ha necessità di essere spiegato. I significati delle parole e delle locuzioni di oggi sono diversi da quelli di ieri.
Una religione che vivesse di parole sempre uguali e di riti non dissimili da quelli del passato non sa di tradizionalismo, ma molto di superstizione presuntuosa; assolutamente non di fede. Il dialogo tra l’uomo e Dio deve essere sentito come vivo ed attuale dall’uomo vivente e presente.
Occorre da parte delle persone credenti maggiore umiltà. Le persone bigotte sono superstiziose e poco umili: si attaccano tanto alle parole, non a Parola. Non siamo musulmani: per loro è proibito tradurre il Corano ed hanno, nella loro religione, ragione.
I Cattolici traducono le Sacre Scritture: cercano di farlo con ogni attenzione ai testi originali, ai luoghi, alle persone, alle abitudini, modi di dire e di fare originali. San Gerolamo, primo traduttore della Sacra Scrittura in lingua latina, si recò in Palestina e lì visse per trovare la maggiore fedeltà a Parola. La sua traduzione è ancora tra le più autorevoli.
Occorre umiltà e semplicità per i Cattolici: queste virtù si traducono nelle parole ‘fidarsi di Pietro’.
Nessuno si può arrogare la presunzione di essere capace di tradurre e interpretare Parola. Siamo soltanto servitori, a servizio, protezione, custodia di Parola, per la quale abbiamo come unica garanzia Pietro.
A lui Gesù ha detto: ‘conferma i fratelli nella fede’(Luca 22,32). Non ad altri.
Diffidare della lettura e presentazione di Parola da parte di Pietro è diffidare di Gesù Cristo.
Pastori buoni e prezzolati se ne trovano tanti; di Buon Pastore ce n’è uno solo.
La ricerca è trovare il modo per adattare il Vangelo al tempo o il tempo al Vangelo?
Né i cosiddetti puristi (se ne esistessero di veri ed autentici!), nemmeno questi hanno il brevetto del vero.
E’ proprio di Pietro il compito di essere al servizio di Parola e di Pane. Questo sta facendo.
Non abbiamo bisogno di altri maestri: ricercatori, sì; persone che suggeriscano, facciano ipotesi e vi lavorino sopra, ricerchino soluzioni per il nostro tempo; per farlo tornare al Vangelo, sì.
Tirarlo per la giacca non è compito del cristiano, né del cattolico.
Sarà Pietro ad indicare la strada.
Chi a lui si oppone rischia di non essere nella vera fede del Dio di Gesù.
Troppo radicale? Non lo sono mai stato. Partendo da Pietro, ho parlato sempre al futuro.
Troppe volte si sta soltanto a tirare la martinicchia: poi ci si lamenta se la fede non è praticata.
E’ poca la fedeltà a Parola.
Potremmo opporci a Parola, ma Parola non sarà mai incatenata (2Timoteo2,9).

Nota: Attualmente, l’aramaico è parlato nel villaggio di M’lula; meno a: Bh’ah, Hascha, Kamishlié (Siria)), Tur-Abdin, Mardin (Turchia), Krakosh, Elkosh, Erbil, Ankawa (Iraq).
Don Paul Mijam (Diocesi di Mombasa, Kenya – ha vissuto alcuni anni in Vetralla con ministero nella parrocchia Ss. Filippo e Giacomo) ricordava che in alcuni villaggi sotto il Kilimanjaro, Tanzania, di dove era originario, sussistono ancora parole di origine aramaica (Es. Abbà).

2 Divina Lectio: tradurre in italiano la Sacra Scrittura che diviene preghiera comune

Il Gloria degli Angeli

della nascita di Gesù, e trascritto nella celebrazione della Messa, non è semplice ed insieme è semplicissimo.
Il testo originale è greco: en andropois eudokias.
Il testo latino, quello che generalmente conosciamo, è della Vulgata, nella edizione Sisto-Clementina del 1592: hominibus bonae voluntatis.
Le traduzioni italiane che conosciamo: uomini, che egli ama; amati da Dio; di buona volontà.
La traduzione non è agli uomini, quelli che egli ama; ma agli uomini che egli ama.
Egli ama, buona volontà: non si riferisce agli uomini, ma a Dio che è di buona volontà nell’amare tutti gli uomini.
Ciò che fa, per alcuni, problema o scandalo, non è il testo originale, quello del canto degli Angeli (se mai il testo originale, come detto o cantato o ascoltato, esistesse), né la traduzione. Il problema non è la volontà di Dio che ama. Il problema è nelle umane precomprensioni. E’ la nostra mente che vaga per strade tortuose. Non è difficile far comprendere il significato, chiarissimo, della Parola. E’ difficile eliminare le idee nostre, umane, errate. Perché? Quali?
Il linguaggio che noi usiamo è sempre “esclusivo”: abbiamo l’idea (determinata dalla separazione e divisione dell’uomo da Dio, causata dal primo peccato: “Ho avuto paura!”) dell’escludere. Se dico: “che egli ama”: il significato vero è inclusivo di tutti gli uomini perché “Egli ama”. Dio dona amore e lo dona a tutti. Gli uomini, poi, saranno liberi di accogliere o meno, l’amore.
La precomprensione esclusiva traduce: “quelli che Lui ama” e, separati, quelli che non ama. Escludiamo dalla misericordia dell’uomo e di Dio.
Il significato positivo medesimo rimane nelle altre due traduzioni: Dio, di buona volontà, ama gli uomini.

L’abbandono

All’annuncio buono \ bello del Vangelo rimane un unico perché (Mistero) nell’esistenza: il dolore, la solitudine. Gesù si sente abbandonato sulla Croce: anche lui è davanti alla morte e non ha nessuno che lo tenga per mano.
Ecco il “non abbandonarci”. E’ umano sentirci abbandonati: anche Gesù è partecipe di questo sentimento e di queste parole. Anche Lui dice al Padre: Perché mi hai abbandonato?
Il desiderio di non essere soli, abbandonati è il significato più bello che possiamo cercare nell’abbandono della morte. Pensiamo a tutti i malati (non solo di Covid) che non possono avere una mano, un viso, un accenno di sorriso e di amore da guardare; una persona che ti ama, che ti sia vicina. Allora preghiamo davvero: “Non abbandonarci”. E questo vi dà scandalo?!

La Piena di Grazia

Il saluto dell’Angelo: Ave, Piena di Grazia. Ho scritto “Piena” con la lettera maiuscola per indicare quello che l’Angelo dice. Non dice: “Maria”, ma “Piena di grazia”. Ha cambiato il suo nome; la sua personalità; il suo essere. Il suo nome, la sua missione, non è più “Maria”, ma “Piena di grazia”. E sotto la Croce, è: “Donna”. La sua missione è cambiata: una Donna al centro.

L’uomo cerca scuse.
Davanti a Parola non si portano scuse.
Davanti all’amore vero non ci sono scuse, non si portano scuse. Se c’è amore vero non si cercano scuse.
Se si cercano scuse, non c’è amore vero. Né c’è disperazione (Giuda).
C’è unica soluzione vera: Aumenta la nostra fede. Meglio: aumenta la fede a noi.
Per questo è necessaria: una Donna al centro. Non cerca scuse. Non dispera.
Si pone nelle braccia di Dio (sotto le sue ali) quando constata che la chiamata è autentica.