Per la voce del profeta Isaia (29,13-24) il Signore ci chiama a chiedere perdono per quando ci diciamo credenti, ma il culto che rendiamo è un imparaticcio di usi umani. Corriamo il rischio e lo viviamo di essere o divenire una generazione permeata di un ateismo pratico, superstiziosa. Abbiamo vissuto insieme un Venerdì Santo con una piazza S. Pietro vuota e riempita fisicamente da una sola persona ed ora in quella piazza abbiamo soltanto un Bambino, piccolo, minuscolo, da crescere. Nelle circostanze che stiamo vivendo l’annuncio della liturgia è sconvolgente: Rallègrati!

E per cosa, Signore?
Perché il Signore è con te.
Siamo turbati al pensiero che un saluto rivolto a Maria possa essere rivolto anche a noi; in realtà il saluto è rivolto ad una ragazza la cui identità è ben chiara: La vergine si chiamava Maria.
E l’Angelo cambiò il suo nome, Maria, con Piena di grazia.
Maria, turbata, si domandava.
L’Angelo insistendo: Non temere, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù.
Queste parole non si rivolgono a noi, diremmo.
Risposta: non sono rivolte a noi per far nascere il Bambino, ma sono rivolte a noi per crescerlo.
Questa lettura della Sacra Scrittura che può sembrare azzardata è, invece, storica e reale: Io ti ho preso dal pascolo, mentre seguivi il gregge, perché tu fossi capo del mio popolo Israele.
Parole, queste, a noi rivolte senza alcuna possibilità di equivoco. La realizzazione storica del progetto è possibile perché non saremo noi i protagonisti della storia, ma il Signore che ti annuncia che farà a te una casa.
Come cristiani siamo chiamati ad alzare gli occhi in alto e proclamare: A colui che ha il potere di confermarci nel vangelo, che annuncia Gesù Cristo, a Dio, la gloria nei secoli. Amen.
Siamo disposti, come la Piena di grazia a rispondere: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola»? La risposta di Maria, se diviene nostra, sarà Natale che porta redenzione.