( di S. E. Mons. Lorenzo Chiarinelli, Vescovo di Viterbo)
La prima Lettera Enciclica del papa Benedetto è intitolata “Dio è amore”.
Quando ci relazioniamo agli altri tutti abbiamo il compito, il dovere della professionalità: assumere un impegno perché bisogna fare la cosa giusta nel modo giusto.
La competenza professionale è una prima fondamentale necessità; questo vale per tutti: per gli insegnanti, per gli amministratori, per gli operai, vale anche per noi.
Ma la professionalità da sola non basta: noi entriamo in relazione con gli esseri umani che necessitano sempre di qualcosa in più di una relazione solo tecnicamente perfetta.
Tutti abbiamo bisogno di umanità, della attenzione del cuore.
Perché?
Se volessimo sottolineare il problema da un punto di vista solo teorico, di insegnamento e di riflessione alta, filosofica e pedagogica si dovrebbe ricordare il 1600 quando Cartesio disse: cogito ergo sum. Penso, quindi, Sono.
Da Cartesio muove la nostra cultura anche quella di oggi, da quella intuizione.Al centro di tutto è il pensare. E il pensare è divenuto un assoluto: di qui sono scaturiti grandi miti; come se  l’uomo, attraverso il suo ragionare, potesse dominare il mondo.
Questo principio ha fatto esplodere la prepotenza razionale; le grandi filosofie dell’ottocento si sono tradotte anche sul piano politico, civile, sociale. Da questi principi sono scaturiti tutti i movimenti di prepotenza che abbiamo avuti nella prima metà del novecento.
Il pensiero cammina: le situazioni tragiche che si producono quando alla sorgente c’è qualcosa di inquinato sono difficili da dominare e da incanalare.
Quella era una visione parziale.
La scuola è realtà educativa, formativa.
Di chi? Della Persona. Tutti parliamo della persona. Ma la persona che cosa è? Certo è una realtà pensante; ma non è solo realtà pensante in quanto tale; è anche realtà relazionale: nessun uomo è un’isola. L’uomo non può essere da solo.
Basterebbe fare una riflessione, anche solo biologica: se nasce un animale, anche da solo, se la cava. L’uomo se nasce ed è abbandonato, muore. Un uomo da solo muore. Noi siamo fatti per lo stare assieme. Le definizioni di solidarietà dei bambini sono istruttive. La società educa: educhiamo la mente, il corpo. Dobbiamo essere grati alla attenzione che si pone ad ogni forma di educazione.
Ma il cuore chi lo educa?
Diceva Giovanni XXIII: il cuore è il bene dell’uomo più prezioso
Ci siamo accorti che nell’età tra l’adolescenza, la giovinezza e subito dopo nei nostri ragazzi e ragazze sta avvenendo la strage dei sentimenti . Ci accorgiamo che dentro le realtà più belle, quella della giovinezza, della famiglia, dei rapporti interpersonali stanno avvenendo le tragedie più grandi dei nostri giorni. Questo ci deve fortemente interpellare perché indica che l’educazione della mente, del corpo  va bene. L’uomo, diceva già Aristotele, è un vivente che pensa … e il cuore? Educare il cuore significa prima di tutto imparare a sentire: noi diciamo il sentimento che non è una parte piccola della persona.
Non c’è nessuna epoca della storia che sappia meno sull’uomo dell’epoca contemporanea ( Martin Heidegger)
Il sentire non è una parte marginale della esperienza.
Si cita S. Francesco…con lui potremmo citare gli artisti, i poeti, la musica…Il mondo delle varie espressioni artistiche: che cosa è se non il trionfo di questa realtà che l’uomo esprime nel suo più profondo?
La parola Cuore non è solo un fatto sentimentale; la parola Cuore sta ad indicare la profondità dello spirito laddove la persona è autenticamente se stessa: questo è il cuore. Non è come lo sveliamo nelle decorazione e i disegnini degli innamorati. Il cuore è laddove la persona è se stessa.
E’ questo, Sentire.
Noi questo non lo curiamo.
Un ragazzo, anche un adulto, oggi, riesce a compiere un delitto e poi essere tranquillo e andare al bar…Seguita ad agire come se nulla fosse… Questo non capita neppure in una foresta tra le belve. E’ segno che il cuore non c’è: il sentire, la relazione, il rapporto con gli altri mancano. Noi  su questi valori dobbiamo investire molto Noi non educheremo mai la persona se non la educheremo nell’insieme delle sue dimensioni: il pensare, ma anche il sentire, la relazione, la libertà.
Educhiamo i ragazzi a tre principi:

  1. Non sei solo – individualismo esasperato nessun uomo è un’isola; imparare a scoprire gli altri.

Gli adulti sono disattenti all’altro per indifferenza, per egoismo, perché facciamo finta di non vedere. L’educazione ci deve far scoprire che c’è anche l’altro. Superiamo l’autoreferenzialità. Occorre che il cerchio che ci chiude venga spezzato: è il male più profondo della nostra storia e della nostra formazione culturale.

  1. L’altro è come te. Traduciamo il detto in maniera semplice: lo stare con gli altri, il condividere. Si dice: Mors tua vita mea: la competizione, l’ignoranza dell’altro, il volere sopraffare l’altro. Questo sentimento nasce, in maniera pressoché inavvertita, in tutte le età della vita, ma, se cresce senza l’educazione e la formazione,  distrugge ogni altro sentimento e la società diventa homo homini lupus, una guerra di tutti contro tutti. Francesco, nei Fioretti viene ricordato,“ammansì perfino un lupo”. Questo lupo dentro lo abbiamo tutti, l’hanno anche i piccolini. Bisogna che questo lupo diventi un agnello: è un compito difficile, una realtà educativa che non deve essere disattesa da nessuno, dalla scuola, alla famiglia, alla chiesa; da costruire tutti insieme. Nella Legge ebraica si dice ama il prossimo tuo come te stesso. La traduzione giusta dovrebbe essere: Ama il prossimo tuo! Egli è come te. Ecco un valore da riscoprire: l’altro è come te.
  1. Fai all’altro ciò che tu vuoi fatto per te:  principio elementare, fondamento per costruire una realtà solidale. Significa: vinci l’indifferenza, vinci la realtà che ti separa, vinci l’ostilità, l’oppressione. Non essere in contrasto con gli altri: cerca la comprensione dell’altro.

Educare il cuore non è elemento secondario:
significa scrivere e comunicare lo statuto della persona umana; l’espressione Cogito ergo sum, da cui sono venuti anche tanti mali culturali, sociali, politici, bisognerebbe trasformarla in  cogitor ergo sum. Scritta al passivo: sono pensato, per questo sono. Sono pensato: la mia vita è circondata dal pensiero, dalla attenzione, dalla solidarietà, dalla cura. La cura si potrebbe tradurla nell’inglese I care, Io ho a cuore, io amo, io sento, mi cale, questa è la cura. Ciascuno di noi può imparare ad avere cura degli altri: il vero imparare. Non solo la scuola, ma la famiglia, la società saranno diverse. Da un aneddoto: mi sapete dire quando finisce la notte? E quando comincia il giorno? Quando, in mezzo ad una grande folla di uomini e donne, il volto di uno sconosciuto ti appare caro, come se fosse il volto di tuo padre, madre, fratello, sorella, allora la notte sta per finire. Finché questo non avviene, nel tuo cuore fa ancora buio. Nella realtà sociale ci sono molte zone d’ombra… anche bellissimi squarci di sole. Se vogliamo che la luce splenda in pienezza dobbiamo scoprire questi valori.
Come l’arcobaleno che unisce una parte del mondo e l’altra: segno di una pluralità di presenze e di rapporti, segno di una speranza che  il cielo sarà più sereno e che un arco farà da collegamento tra un mondo e l’altro.
Se potessimo imparare tutti ad ammansire il lupo, a scorgere nel volto degli altri volti amici (quale che sia la loro condizione fisica, materiale, ideologica, religiosa, economica), a crescere un arco nel cielo; se noi riuscissimo ad educare il cuore, per non essere senza cuore, noi costruiremmo, per i piccoli e per tutti una realtà nuova. Il cuore è la realtà più preziosa. Curiamo nei piccoli tanti valori, ma nessuno trascuri questo bene prezioso. Potremmo essere ricchi di mille cose ma non saremmo persone vere.